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Ribolla Anfora Gravner

fronte e retro della bottiglia
Bianco
Gradazione alcolica:  12%
Uve:  Ribolla
Sistema di allevamento:  Guyot
Produttore: Gravner (Venezia Giulia)







www.gravner.it
Joško Gravner, un viticultore italo-sloveno che da Oslavia,  sul confine tra Italia e Slovenia. gestisce la sua azienda vinicola che possiede vigne su entrambi i vesrsanti del confine.
Josco è stato il primo in Italia a fare il vino nelle anfore ed è ancora forse l'unico che fa tutto il vino con questo metodo antichissimo che è andato ad apprendere in Georgia, la patria della vite.
Questa non è la sua unica caratteristica, se visitate il sito e le notizie su di lui su vari portali del settore scoprirete con piacere tante cose.

Il desiderio di Gravner è produrre vino soltanto da vitigni del territorio, un territorio che ama e che accudisce con la massima cura cercando di preservarne l'integrità. Tanto amore e tanta saggezza insieme danno infine il loro meritato risultato. Vini non usuali, intensi, profondi, ricchi, veri spettacoli di profumi e colore che condensano nella coppa il territorio ed le caratteristiche dell'annata.

Ho ricevuto una bottiglia del vino di Gravner come regalo di Natale da mia figlia e suo marito, che sapevano molto bene quanto la desiderassi. L'abbiamo bevuta insieme, naturalmente, proprio in apertura di pranzo, insieme a tutta la famiglia radunata per il pranzo tradizionale. Sostengo accanitamente che, oltre a cultura, tradizione e ricordi il vino è un piacere e come tale deve essere rattato. Per questo non impongo abbinamenti standard, anzi ritengo che ognuno dovrebbe decidere a proprio gusto anche quando l'abbinamento non è proprio nei canoni che spesso sono anche mode passeggere. Abbiamo assaporato questo vino in apertura di pranzo, con il ricco assortimento di caviale, salmone, terrina di coniglio ed anche con il foie gras.
E' stato un abbinamento delizioso che mi ha molto soddisfatta.
(Post del 13 maggio 2013)


La Malvasia delle Lipari ed altri vini dell'Azienda Hauner

www.hauner.it
Carlo Hauner Junior

L'azienda Hauner che si trova sull'isola di Salina, sulle isole Eolie fu fondata negli anni '70 da Carlo Hauner padre che, trasferitosi sull'isola acquisì laboriosamente circa 20 ettari di terreno che ripulì e dove, riprestinati gli antichi terrazzamenti, fece rivivere come vigneto votato specialmente alla Malvasia coltivavata e prodotta artigianalmente sull'isola.  Ne ricavò un vino eccellente arrivato ormai nei più prestigiosi ristoranti italiani e del mondo.
L'Azienda è guidata oggi da Carlo Hauner Junior, figlio del fondatore. Produce due tipi di Malvasia (naturale e passita), un bianco, due rossi ed una unica Grappa di Malvasia delle Lipari. La produzione deriva dalle uve sia dei vigneti di proprietà, in contrada Lingua a Salina,  che di altri piccoli viticultori locali. 


visita il sito dell'azienda
Carlo Hauner, bresciano di origine boema trapiantato nelle Eolie, è stato l’ideatore dell’azienda agricola che porta il suo nome. Da giovane era pittore e, non ancora ventenne, ha esposto alla Biennale di Venezia . Negli anni della maturità ha ottenuto rilevanti successi in campo internazionale come designer. La passione per l’enologia può essere vista come l’ultima sfida di una vita intensa e costellata di interessi. Alle isole Eolie arriva per la prima volta nel 1963, quando il turismo azzardava le prime timide apparizioni ...

Così esordisce la pagina che sul sito web racconta la storia dell'azienda Hauner.

Ho conosciuto Carlo Hauner senior quando ero adolescente. Arredò il nostro appartamento di Milano e progettò per noi una bellissima casa in posizione mozzafiato sul ramo di Lecco del lago di Como: una casa che sembrava portare l'intera Grigna tra le mura domestiche. Anche i mobili erano stati disegnati e fatti realizzare da lui, tutti molto semplici ed essenziali di un legno molto bello che lui stesso ci insegnò a mantenere vivo con nient'altro che olio di lino crudo. Mi piacevano molto anche i suoi dipinti. Un sentimento di stima e di amicizia legava lui e mio padre che parlava spesso dello splendido studio che Hauner aveva sulle colline di Brescia, studio che purtroppo io non ho mai visto. Era un uomo interessante, molto simpatico e dai mille interessi ( ricordo ancora il modo buffo che aveva di ballare la samba...) che improvvisamente si innamorò dell'isola di Salina e presto vi si trasferì con tutta la famiglia.

Si può dire che sia da tempo immemorabile che cerco di non farmi mai mancare in casa una bottiglia del Malvasia Hauner, per farmi una coccola di tanto in tanto. Mi piace molto berlo  fresco, soprattutto prima di cena, mentre mangiucchio qualche pezzettino di formaggio o una terrina di carne o di volaille ed altri stuzzichini nell'attesa di sedermi a tavola, come facevano gli antichi Romani che, per aperitivo, bevevano sempre un vino dolce.
(Post del 22 Aprile 2014)

da Hauner Winery - Facebook

Chianti Vepri

www.chiantivepri.com
Siro e Clio Cicogni

L'azienda vinicola situata ad Ambra nel territorio di produzione del Chianti in Valdichiana prende il nome dal caratteristico Borgo di Vepri che delimita una parte della proprietà. Il territorio ha una lunga storia preromana ed una speciale vocazione vinicola.
E' condotta da Clio Cicogni che nel 2010 ha acquistato una vecchia vigna di circa 15 ettari che si trovava in stato di abbandono da diversi anni ed ha subito impostato la sua conversione a biologico.
La famiglia Cicogni ha una lunga tradizione nel campo della molitura del grano per panificazione (da 5 generazioni), dal 1976 opera nel settore dei cereali e negli ultimi 14 anni ha avviato la produzione di mangimi biologici ed più recentemente ha convertito il mulino ad esclusiva produzione biologica. (vedi sito).

Dal secondo anno di vendemmia , il 2011, è possibile scegliere anche la versione del vino affinato in barrique.

Ho assaggiato questo Chianti ad una simpatica cena in campagna sui pendii del monte Perone all'Isola d'Elba. Nella stessa serata ho conosciuto Siro Cicogni che per l'occasione aveva portato alcune bottiglie del suo vino.
Già al primo sorso l'ho trovato molto gradevole, profumato e abbastanza morbido da essere di mio gusto. E' un vino giovane, naturalmente, in cui si percepiscono aromi floreali e toni tanninici non esagerati e attutiti in modo discreto dalla moderata permanenza in barrique. Un vino che ha buone attitudini all'invecchiamento, mi sembra.
Generalmente non sono veramente entusiasta del vino barricato. Trovo che si fa un uso esagerato e spesso anche troppo accentuato  di questo tipo di trattamento anche su vini che  non lo richiedono o non lo reggono degnamente.
Devo però dire che questo non è il caso del Chianti Vepri. 
Un'ultima osservazione che per me è importantissima: l'azienda garantisce che l'uva è coltivata nel rispetto del terreno, del frutto e della natura. Anche la vinificazione è molto accurata e quanto più possibile biologica. La cosa si sente bene!  
(post del 23 Luglio 2014)

Sono stata a trovare Siro lo scorso autunno 2014 e in questa occasione ho visitato anche la località in cui si trovano i vigneti, anzi l'unico vigneto esistente in quel momento, una vecchia vigna di Chianti che Siro ha recuperato. Questa della vigna è un vecchio sogno di Siro, custodito da tempo. 
La parte restante dei 7 ettari dell'azienda, che provengono da una precedente coltivazione di tabacco saranno dedicati sempre alla produzione di vino rosso che sarà Chianti. soltanto in una parte. La posizione del terreno è splendida, bella l'insolazione, ottima la pendenza.

In questo vigneto recuperato si possono notare tanti segni tipici delle coltivazioni di un tempo, come l'impianto di ceppi di vite diversi, coltivati insieme nelle stesso terreno. I vecchi non combinavano e dosavano le diverse uve a tavolino dopo la spremitura selettiva, ma creavano le combinazioni nel momento dell'impianto, inframmezzando tra le viti di Sangioveto, qua e là, alcune viti delle altre qualità di uva consentite: Canaiolo, Ciliegiolo ed anche uve bianche (che nel Chianti possono essere presenti al massimo per il 10%) come Trebbiano bianco, Canaiolo bianco, Ansonica ed altri.

I progetti sono tanti e li seguirò mano a mano che si svilupperanno.


Mastroberardino: una famiglia ed il suo vino

La famiglia Mastroberardino da oltre due secoli si occupa di vino. Le prime tracce della presenza in Irpinia risalgono al catasto borbonico e datano a metà del Settecento, epoca in cui la famiglia elesse il villaggio di Atripalda in provincia di Avellino proprio quartier generale, ove sono tuttora situate le antiche cantine. Da lì ebbe origine a una discendenza che legò indissolubilmente le proprie sorti al culto del vino.
Oggi sono ormai passate 10 generazioni e tutte, tra alterne vicende, hanno portato avanti l'attività della famiglia di origine: filossera, prima e seconda guerra mondiale che spopolarono le campagne ed anche il terremoto che negli anni 70 colpì così rovinosamente il territorio.

Abbiamo difeso le nostre tradizioni e i nostri sapori ottenendo un riconoscimento mondiale. Già Plinio parlava di Fiano e Falanghina in queste zone, noi ci siamo battuti per conservare la storia”, raccontava a chi visitava la cantina Antonio Mastroberardino, il guru dei vini campani, scomparso nel gennaio 2014 all'età di 86 anni.
E' merito suo se molti viticultori dell'Irpinia hanno conservato i vitigni di Aglianico, di Taurasi, di Fiano e di Greco contro ogni moda, contro ogni omologazione del gusto, diremmo quasi ante litteram, in un periodo in cui il Ministero dell'agricoltura spingeva a rimpiazzare i vecchi vitigni con altri più produttivi, dal Trebbiano al Cabernet.

Ho assaggiato per la prima volta nel 1978 un vino Mastroberardino, un Taurasi. Era un rosso che non mi aspettavo di trovare in Italia centrale perché per ignoranza ed inesperienza assimilavo tutti i vini rossi prodotti in quelle zone ai vino pugliesi che all'epoca erano prevalentemente rosati, ad alta gradazione e poco corposi. Nel tempo ho imparato ad apprezzarne anche i bianchi eccellenti, Greco, greco di Tufo e Fiano. L'elenco naturalmente non finisce qui perché la famiglia è  numerosa e molte sono le tenute, tra cui una recente (2008) ad Apice, luogo rinomatissimo nell'antichità come mercato ortofrutticolo ed i diversi vini prodotti.

www.mastroberardino.net
Uno dei progetti più interessanti è il progetto La villa dei Misteri, in collaborazione con la Sovrintendenza Archeologica di Pompei che ha affidato nel 1996 a Mastroberardino l’incarico di ripristinare la viticoltura nella antica città romana.

Prima dell'eruzione del Vesuvio che la distrusse, sappiamo da ritrovamenti archeologici che a Pompei si coltivava la vite nei giardini e negli orti anche all'interno della cerchia muraria e che esistevano floridi vigneti. Gli studi botanici e il rilevamento dei calchi delle radici, delle viti e dei paletti di sostegno hanno permesso di capire molto sulla viticultura locale a quell'epoca. Vedi Azienda Mastroberardino

Dal progetto  è nato il vino rosso Villa dei Misteri, ricavato da uve di Piedirosso (90%), già noto ai tempi della Campania felix di Orazio e decantatato nel Naturalis Historiae di Plinio, e di Sciascinoso (10%), vitigno rosso campano conosciuto con il nome di Olivella per la forma dell’acino che ricorda le olive e che probabilmente coincide con l'Oleaginea descritta da Plinio. Questo vitigno è presente in Campania da così tanto tempo da poter a ragione essere definito autoctono. La collaborazione della Sovrintendenza con Mastroberardino sta continuando con successo. L'azienda infatti sta recuperando altri spazi nella città come l'Orto dei Fuggiaschi dove è stata ora impiantata una vigna di Aglianico.
(post del 15 Febbraio 2014)


Aleatico Passito dell'Elba. Azienda agricola La Galea






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